Nella nostra traduzione da
Rorate Caeli la recensione —
Commentari sulla messa di San Tommaso d'Aquino — di un libro (Urban Hannon:
Thomistic mystagogy / Mistagogia tomistica) che presenta l'Aquinate da una prospettiva inizialmente insolita, cioè come mistagogo della Santa Messa nel Rito tradizionale, nel quale l'ha trovata essenzialmente e nella quale fino ad oggi non è quasi cambiata per i cattolici fedeli alla tradizione. Ne accennavamo
qui, col desiderio di approfondire. Ed ecco, per ora, ci accontentiamo di un'altra recensione; ma si tratta di una recensione di grande pregio, tradotta dal tedesco dal prof. Kwasniewski. Sarebbe auspicabile la traduzione del libro in italiano, della quale potremmo farci carico noi d'intesa con lo stesso prof. Kwasniewski.
Tommaso d'Aquino come mistagogo della Santa Messa nel Rito tradizionale
Una recensione del libro sulla mistagogia tomistica di Clemens Victor Oldendorf di Tomistica mistagogia di Urban Hannon : Commentari sulla messa di San Tommaso d'Aquino. Tradotto dal tedesco da Peter Kwasniewski.
Nato nel 1225, San Tommaso d'Aquino è morto 750 anni fa, lo scorso 7 marzo. Chi osserva il calendario liturgico che corrisponde al tradizionale rito romano celebra ogni anno la festa di San Tommaso d'Aquino in questa data e quindi l'ha celebrata poco più di un mese fa.
In occasione di una rievocazione storica così rilevante, è opportuno rivedere scrupolosamente la vita e gli insegnamenti del Doctor Communis, e tale approfondimento potrà essere molto intenso, perché durante il prossimo anno ricorderemo l'800° anniversario della nascita di questo autorevole insigne teologo dell'ordine domenicano. Nel 2024 e nel 2025 avremo ancora una volta un doppio giubileo senza soluzione di continuità per San Tommaso d’Aquino e tutti coloro che lo venerano e attingono alle sue conquiste filosofiche e teologiche.
Nuova pubblicazione tempestivaQuasi in onore di queste occasioni, il 7 marzo 2024 la casa editrice americana
Os Justi Press ha pubblicato un'opera, undicesimo volume della serie accademica
Os Justi Studies in Catholic Tradition, che si propone di presentare Tommaso d'Aquino in una prospettiva inizialmente insolita, cioè come mistagogo della Santa Messa nella sua
forma tradizionale [sulle
due forme del Rito Romano vedi
qui -
qui -ndT], nella quale l'ha trovata essenzialmente e nella quale fino ad oggi non è quasi cambiata per i cattolici fedeli alla tradizione.
Il contributo che qui presentiamo costituisce un ottimo complemento a questi studi sulla tradizione cattolica. L'autore è Urban Hannon, un giovane teologo nato negli Usa e già laureato in teologia presso il Collegio domenicano di Roma, l'Angelicum. Attualmente è seminarista della Fraternità Sacerdotale San Pietro a Wigratzbad.
Teologo, innologo e mistagogo nella celebrazione dell'EucaristiaA un esame più attento, Tommaso come mistagogo forse non è così sorprendente se si considera quanto influente e potente fosse come filosofo e teologo nell’illuminazione intellettuale e nella formulazione terminologica della transustanziazione e della Presenza Reale eucaristica. Se vogliamo leggerlo e comprenderlo mistagogicamente, ci muoviamo con lui in un certo senso nel campo intermedio che si apre tra i suoi sforzi di rappresentante della scolastica, apparentemente sobri e aridi, sul sacramento dell'altare da un lato e il suo inno poetico sull'Eucaristia dall'altro, poiché egli, come è noto, aveva compilato e creato poeticamente per conto del Papa la formulazione dell'Ufficio liturgico e della Messa della nuova festa al momento dell'introduzione del Corpus Domini.
Tuttavia, Hannon afferma giustamente nella sua introduzione:
A differenza del suo maestro Sant'Alberto Magno [1] e di molti suoi contemporanei, San Tommaso non scrisse mai un commento autonomo alla liturgia eucaristica. Tuttavia, e all’insaputa di molti, San Tommaso scrisse la sua expositio Missae. In effetti ne scrisse due: una nella sua prima opera importante, l'altra nell'ultima. La prima è nascosta nell'expositio textus del Libro 4, Distinzione 8, nel suo Scriptum sulle Sentenze di Pietro Lombardo. L'ultima si trova nel corpus di Summa Theologiae, Tertia Pars, Domanda 83, Articolo 4. Entrambe queste trattazioni comportano una divisione della liturgia nelle sue parti essenziali, nonché uno studio dettagliato delle parole che compongono ciascuna parte, cioè , «le cose dette attorno a questo sacramento», le tante parole di tutta la Messa che avvolgono le poche parole dell'istituzione. Infatti, sebbene solo quella forma minima sia necessaria per il semplice essere del sacramento, tutte le parole del rito sono necessarie per il suo benessere. [2]
Inoltre ci sono tutte le azioni e i gesti, che devono accompagnare le parole pronunciate durante l'intero rito della Messa. [3]
I testi fondamentali su cui si basa principalmente Hannon sono In IV Sent., d. 8, es. e In IV Sent., d. 12, es. così come ST IIIa, Q. 83, in particolare gli articoli 4 e 5. Questi testi possono essere trovati tutti in latino e inglese nell'Appendice 1. [4] La versione latina può essere trovata anche su Internet all'indirizzo aquinas.cc, mentre la la traduzione è sempre di Urban Hannon ed è stata realizzata appositamente per questa pubblicazione. [5] Ciò è altamente lodevole, poiché le scelte di traduzione dell'autore spesso chiariscono la sua comprensione e interpretazione del testo. Si può premettere che la traduzione in inglese è di altissima qualità e non incontra grosse riserve o obiezioni. [6]
Una prefazione di alto livello colloca l'opera in una origine e in un contesto“Non è esagerato affermare che p. Hugh Barbour, O. Praem., mi ha insegnato sulla Santa Messa più di chiunque altro abbia mai conosciuto”, afferma l'autore nei suoi ringraziamenti introduttivi [7] ed è davvero un grande colpo di fortuna che egli abbia potuto conquistare il dotto premostratense dell'Abbazia di San Michele nel Silverado californiano per una prefazione insolitamente corposa. [8] Vengono qui menzionati solo due o addirittura tre punti di vista in essa affrontati per dare un'idea dello straordinario valore di questa prefazione.
In primo luogo, Barbour ci ricorda Dom Ansgar Vonier (1875-1938), il secondo abate dell'abbazia benedettina inglese Buckfast Abbey, che fu ripreso nel 1882, e il suo libro A Key to the Doctrine of the Eucaristia. Circa un secolo dopo il libro di Vonier, Barbour attesta che Hannon ha completato congenialmente il lavoro dell'abate benedettino con la Mistagogia Tomistica. [9]
Nessun arrovellarsi sacramentale o rubricale sul rito liturgicoUn altro punto importante che Hugh Barbour sottolinea del libro di Hannon è che una lettura autentica di Tommaso non conduce a un positivismo in cui la validità del rito – sempre utilizzando l'esempio del sacramento dell'altare – si esaurisce in parole isolate del Signore oppure ci si accontenta di un rito liturgicamente corretto ma meccanico. “Eppure è proprio questo tipo di positivismo che caratterizza la preoccupazione dei movimenti liturgici successivi, pre e post-conciliari, e il loro approccio alla Messa”. [10]
Un ultimo aspetto, che vorremmo qui ricordare a partire dalla prefazione e che qui viene illustrato con un vivido esempio, è importante perché insiste sul fatto che Tommaso non dovrebbe essere avvicinato con una concezione moderna del genio, che troppo spesso lo equipara o lo confonde con l'originalità:
Troppo spesso, nel loro zelo nel giustificare la superiorità del Dottore Angelico, i tomisti hanno cercato qualche nuova intuizione o insegnamento essenzialmente "tomistico", fino ad allora sconosciuto. Qui però nelle istruzioni mistagogiche di Tommaso, come in tutto il suo insegnamento in materia sacramentale e liturgica, troviamo solo una fedele esposizione di quanto è stato trasmesso nel rito dei sacramenti, e che avrebbe potuto facilmente essere scritta da qualsiasi teologo del XII o XIII secolo. [11]
Il genio della tradizione anzi l'originalità di Tommaso d'AquinoIl canonico premonstratense lo dimostra scrivendo: “In nessun luogo questo atteggiamento è più evidente in Tommaso che nella sua preferenza privilegiata e quasi esclusiva per lo Pseudo-Dionigi Areopagita, che egli preferisce chiamare semplicemente Dionigi, in tutte i temi del culto gerarchico, sia quello sacramentale che quello degli angeli. Questo atteggiamento di base è onnipresente”. [12]
Questa preferenza di Tommaso per lo pseudo-Areopagita è ulteriormente illustrata nella corrispondente nota della prefazione:
Infatti, in tutta l'opera di san Tommaso, Dionigi è considerato un'autorità suprema dopo la sacra Scrittura e prima degli altri Padri nell'esegesi, nel metodo teologico, nella metafisica e nell'angelologia, oltre che nella liturgia e nella spiritualità. Questo, si dice, è dovuto al fatto che si presume sia il primo scrittore non canonico, il convertito di San Paolo ad Atene menzionato in Atti 17. Eppure difficilmente può essere che un'autorità così diffusa, coerente e universale possa basarsi solo su un semplice errore storico. Il contenuto del suo insegnamento, per quanto storicamente raccomandato, è fuori discussione. L'insegnamento dell'Areopagita e la sua recezione da parte della Chiesa sono fatti innegabili e irremovibili della storia e della teologia cristiana. Basta esaminare, ad esempio, l'uso acuto dell'Areopagita nella letteratura vernacolare inglese medievale sulla preghiera per verificarne l'influenza di vasta portata. Di nessun altro San Tommaso dice nei termini più assoluti, e proprio riguardo ai principi metafisici del pensiero speculativo, ciò che dice dell'Areopagita e dei suoi discepoli cristiani platonici nel suo commento De Divinis Nominibus: "Verissima est eorum opinio" [la loro opinione è la più vera].
Nelle frasi conclusive di questa nota, Dom Hugh Barbour OPraem esprime la speranza che coloro che sono impegnati nella ricerca teologica su Tommaso vogliano trarre le conseguenze dal suo apprezzamento unico dell'Areopagita e ricevere l'impulso ad avviare e intraprendere intenzionalmente un movimento di interpretazione di Tommaso decisamente conforme a Dionigi. [14]
Gli obiettivi perseguiti e raggiunti con la Mistagogia TomisticaCon i suoi scritti, il nostro autore vorrebbe provare a mettere insieme le parti di un “commento tomista alla Messa indipendente” coerente, a partire dai quattro principali testi fonte già menzionati [15] con l'essere “sensibile alle sfumature”. [16] Colpisce quanta continuità si mantenga tra i testi del commento alle Sentenze (scritto a Parigi tra il 1252 e il 1254) e quelli della Summa Theologiae (cui Tommaso lavorò nelle varie sedi di Roma, Parigi e Napoli nel periodo dal 1268 al 1273), anche se tra loro erano trascorsi circa due decenni. [17]
Tommaso, poi, non ripete alcune distinzioni fatte nel Commento alle Sentenze [18] ma introduce nella Summa Theologiae la distinzione apparentemente essenziale tra sacrificio (sacrificium) e sacramento (sacramentum). [19]
Procedura nella mistagogia tomisticaNel primo capitolo, intitolato Divisio Missae, Hannon utilizza l'esempio della struttura della liturgia della messa per spiegare il metodo di san Tommaso, il suo approccio nel trattare un testo in senso molto ampio. Allora non si tratta solo di coglierne il contenuto, ma anche e forse ancor più di capire come sono ordinati testo e contenuto e, a partire dalla conoscenza di quest'ordine, elaborare per sé stesso uno schema che mappi la struttura del testo in discussione e il suo messaggio, per così dire, e lo renda comprensibile. [20]
Nel commento alle Sentenze Tommaso parte dal principio dell'exitus -reditus, che riprende da Dionigi Areopagita. [21] Proprio facendo riferimento all’orazione Actiones nostras, probabilmente familiare ad alcuni lettori delle Litanie di Tutti i Santi, Hannon avrebbe potuto spiegare questo principio in modo molto chiaro e facilmente comprensibile: «Preghiamo, Signore, precedi le nostre azioni con la tua ispirazione e accompagnale con il tuo aiuto, affinché ogni nostra preghiera e ogni nostra azione possa sempre iniziare da te e, come da te iniziata, possa da te essere portata a termine”. [22]
Organizzazione secondo servizi o ruoli liturgici: lo spettacolo liturgicoTommaso ricava un ulteriore assetto organizzativo, per così dire, analizzando la distribuzione liturgica dei ruoli tra sacerdote, assistenti (diacono e suddiacono) e il cosiddetto coro, che in ambito monastico verrebbe inteso come la comunità monastica presente, altrimenti idealmente la schola, in ogni caso ampliata dai fedeli presenti. [23] Infine, egli segue la tradizione della spiegazione allegorica della Messa o dell'interpretazione della Scrittura e riconosce nella liturgia corrispondenze tra prefigurazione e compimento nonché un sensus spiritualis. [24]
Quando abbiamo parlato precedentemente della preoccupazione per un testo, è fondamentale comprendere l'osservazione di Hannon che Tommaso, quando si occupa della liturgia della Messa, parte meno da un libro, cioè da un messale, che dalla celebrazione liturgica e dalla celebrazione stessa, per il cui compimento viene utilizzato un particolare libro liturgico. [25]
Viene svelata la mistagogia genuinamente tomista della Santa MessaIl secondo capitolo, di gran lunga il più dettagliato [26] si concentra poi sull’Expositio Missae. Hannon presenta qui, com'era nelle sue intenzioni, una spiegazione lineare della Messa, la sua vera e propria mistagogia tomista. Nel complesso riesce ad armonizzare in modo molto conclusivo gli approcci riscontrabili nelle due fonti principali del Commento alle Sentenze e della Summa Theologiae e, in particolare, non commette l'errore di intendere le precisazioni apportate in quest'ultimo testo come correzioni che semplicemente revocano e ritrattano le posizioni assunte in quello precedente. Ci sono sfumature diverse di enfasi, e anche queste vengono identificate, ma tutte le fasi di sviluppo in definitiva contribuiscono alla mistagogia di San Tommaso d'Aquino che finalmente emerge e che Urban Hannon ci presenta nel suo studio.
Modulazione e interpretazione della liturgia della Messa con Tommaso d'AquinoLa descrizione dello svolgimento liturgico, la sua interpretazione e significato, che l'autore trae dalle fonti da lui consultate, inizia con la confessione di colpa nel Confiteor. [27] Nel Confiteor, ma l'inizio vero e proprio è l'Introito insieme alla Colletta, cui segue alla fine la doppia struttura del versetto di comunione e della preghiera di chiusura, dove non è menzionata una benedizione conclusiva. [28] Dalla presentazione continua dell'intera liturgia della Messa, così come l'autore lascia che si svolga nel mezzo, selezioneremo solo passaggi significativi, che possono risultare particolarmente evidenti o addirittura sorprendenti a causa dell'interpretazione di Tommaso; inoltre, quelli in cui la traduzione dal latino di Hannon non è convincente e talvolta suggerisce un probabile fraintendimento dei passaggi del testo in questione da parte sua.
Domande e suggerimentiTommaso distingue tra i termini oblatio e consecratio e il modo in cui assegna loro i termini sacrificium e sacramentum. Lì leggiamo: «Quod quidem et offertur ut sacrificium, et consecratur et sumitur ut sacramentum , primo enim peragitur oblatio; secundo consecratio materiae oblatae ; tertio, perceptio eiusdem . [29] Di conseguenza, il concetto di consacrazione viene sorprendentemente accostato non a quello di sacrificium, ma a quello di sacramento, in quanto l'Eucaristia viene gustata e ricevuta come cibo (e bevanda). Esiste il rapporto tra sacrificium e oblatio, per cui tale offerta sembra determinata dalla logica del riferimento prioritario al pane e al vino [30] che può poi essere messa in correlazione con la successiva dottrina di Trento, se si assumono due potestates sacerdotali offerendi et consecrandi che certamente operano insieme, ma sono concettualmente e fattivamente distinte l'una dall'altra. [31]
Nel contesto intellettuale va notato ciò che Hannon ha già affermato in precedenza, e cioè che san Tommaso “ha ben poco da dire sull'offertorio in sé, solo che è espresso dalla preghiera del sacerdote Suscipe sancta Trinitas. Ciò corrisponde al rito domenicano, in cui il calice e l'ostia vengono innalzati insieme durante la preparazione dei doni, con l'ostia appoggiata sulla patena, che giace sul calice in cui il vino è mescolato con un po' d'acqua.
Quando furono scritti tutti i testi a cui fa riferimento Hannon, la standardizzazione dei costumi liturgici nell'Ordine domenicano era già stata completata, poiché tale codificazione era avvenuta nel 1246 e fu riaffermata nel carattere vincolante dei testi nei due anni successivi. A questo punto si vede che Tommaso aveva comprensibilmente in mente la liturgia del suo ordine, ma sembra essersi deliberatamente astenuto dal menzionare le differenze tra le varie osservanze liturgiche per essere quanto più universale possibile. A questo proposito, come revisore, risponderei intuitivamente alla domanda che Hannon solleva verso la fine del suo studio, e cioè quale messale San Tommaso potrebbe aver avuto in mente quando ha compilato i suoi testi. [32]
Tradizione liturgica come consuetudoCome si intende la seguente frase di ST IIIa, D. 83, a. 5 sc, dipende da come si determina autorevolmente il rapporto tra tradizione liturgica e autorità ecclesiastica in materia di culto. Questo passaggio recita in latino: “Sed in contrarium est Ecclesiae consuetudo, quae errare non potest, utpote spiritu sancto instructa”. [33]
Sicuramente spinto dalla maiuscola della parola Ecclesiae, che però è inequivocabilmente al genitivo singolare, Hannon vede qui una personificazione della Chiesa, trattandola come se fosse il vero soggetto della frase e traduce: “Ma nel contrario è il cerimoniale della Chiesa, che non può errare, poiché essa è istruita dallo Spirito Santo”. [34] Ma, sostenuto dalla grammatica e dall’ordine delle parole in latino e dall’intero contesto dell’argomentazione di Tommaso d’Aquino, dice: «Ma in contrasto con ciò sta la Consuetudo Ecclesiae, che non può errare, poiché [= la Consuetudo Ecclesiae, CVO ] è ispirata dallo Spirito Santo”. Hannon potrebbe almeno riflettere se non sarebbe più opportuno formulare la frase: «Ma al contrario è la Consuetudo della Chiesa, la quale [corsivo per enfasi] non può errare, poiché ciò [ = la consuetudine della Chiesa] è insegnato dallo Spirito Santo”.
La mistagogia di Tommaso in contrasto con tutte le riforme liturgiche del XX secoloCiò renderebbe più chiaro, a mio avviso, che il potere della Chiesa di ordinare il proprio culto non è indipendente dalla sua consuetudo e non può legittimamente consistere nel sostituire una consuetudo da lungo tempo praticata con una consuetudo fondamentalmente nuova contro questa pratica ereditata. Se l’autorità della Chiesa non si fonda sul principio della tradizione nella sua liturgia, allora il pericolo dell’aliter celebrare (celebrare in modo diverso da come si dovrebbe), da cui giustamente anche Hannon mette in guardia, potrebbe improvvisamente trovare ampio spazio[35]. Sarebbe completamente contrario al suo stile generale se si presumesse che l'autore di Mistagogia Tomistica volesse sostenere una tale visione riformista (vale a dire, tutto ciò che la Chiesa propone deve essere giusto) - una visione che sfortunatamente emerge in Traditionis Custodes.
Lo scorso anno è stata pubblicata a Washington DC l’antologia Liturgical Theology in Thomas Aquinas: Sacrifice and Salvation History proveniente dal lascito dell’importante tomista e liturgista Abbé Franck Quoëx (1967-2007), sacerdote che in fondo apparteneva al clero della Arcidiocesi di Vaduz. La mistagogia tomistica di Urban Hannon appartiene ora alla stessa linea. La relativa brevità della sua pubblicazione non deve indurci a sottovalutarne il contenuto. La sua concisa brevità offre al laico teologico interessato il vantaggio di una più facile leggibilità e quindi di un accesso ancora più rapido agli approfondimenti essenziali.
[Traduzione a cura di Chiesa e post-concilio]
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A I U T A T E, anche con poco,
l'impegno di Chiesa e Post-concilio anche per le traduzioni
(ora che sono sola ce n'è più bisogno)
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